La mattina del 23 febbraio 1944 la nave americana da guerra LST 349, della classe Liberty, lasciò la banchina del porto di Anzio. Lo sbarco degli alleati era già avvenuto e le truppe d'assalto stavano preparando l'attacco decisivo per sfondare le linee tedesche e raggiungere Roma. La Liberty carica di attrezzature militari, di feriti e prigionieri, era diretta a Napoli.  


La navigazione sarebbe durata circa 24 ore. I militari nel loro gergo chiamavano questo viaggio il "giro del latte". Quasi subito dopo l'inizio della navigazione, però, la nave subì un'avaria ai motori e fu costretta a procedere lentissima. La notte la sorprese così, discostandosi notevolmente dalla tabella di marcia, al largo di Palmarola. Il comandante decise perciò di ancorarsi e aspettare l'alba. Ma un'improvvisa tempesta, con fortissime raffiche di vento da maestrale, dopo aver disancorato la nave la sospinse, con onde sempre più alte, verso Ponza. Dopo alcune ore la nave, ormai ingovernabile, andò a schiantarsi rovinosamente tra gli scogli antistanti la Punta del Papa.I prigionieri chiusi nelle loro celle, furono svegliati dai passi allarmati dei marinai in coperta e dal rumore di ferraglia che la nave produceva contro le rocce. Cominciarono a gridare atterriti e qualcuno si ricordò di loro. Furono fatti salire in coperta. Improvvisa, un'esplosione squarciò l'aria e fu il panico. La nave si divise in due tronconi. Alcuni per sfuggire ad una morte certa si tuffarono in mare, cercando a largo un'impossibile salvezza. Furono travolti dalle onde e risucchiati dai vortici. Gli inglesi che presidiavano l'isola, con l'aiuto della gente del luogo, calarono delle lunghe corde dall'alto del promontorio del Papa, alle quali si aggrapparono, come unica via di salvezza, feriti, marinai, prigionieri. Non mancarono atti di eroismo. Un pilota della RAF, di nome Gottard, pur riuscendosi a mettere in salvo, non esitò a rituffarsi per dare aiuto ad un prigioniero tedesco. Ma inesorabilmente, fu ingoiato dalle onde. Al culmine della tragedia si udì, secco, uno sparo provenire dalla cabina della plancia. Il comandante della nave non aveva voluto sopravvivere alla fine della sua nave! I naufraghi furono accolti sull'isola ed aiutati dagli abitanti. Per giorni, passata la tempesta, si raccolsero lungo le coste dell'isola, oggetti di ogni genere. Intorno al 1955 fu recuperato dalla Marina Militare tutto quanto era ancora utilizzabile del carico: armi, munizioni, jeeps. Alcune di queste ultime, poi, a ben dieci anni dal naufragio, erano ancora perfettamente funzionanti. Va ricordato che le LST dell'U.S. Navy (la sigla deriva da Landing Ship Tank) furono progettate per l'assalto anfibio ed utilizzate durante la seconda guerra mondiale. Avevano un gran portellone a prua per permettere lo sbarco di un ingente numero di automezzi minori, come camions, cingolati, semoventi. Il relitto di Ponza si trova oggi adagiato su di un fondo sabbioso, diviso in due tronconi, fuori il promontorio di Punta Papa, nella frazione di Le Forna. La parte prodiera, ad una profondità di circa 20 metri, si presenta distesa sul fondo, nella stessa posizione di navigazione. Parte dell'armamento contraereo è ancora visibile. Vi sono, sempre sulla prua, una mitragliatrice da 40 mm e due da 20 mm. Per la continua presenza sul relitto di numerosi subacquei, una mitragliatrice è tuttora brandeggiabile come se fosse curata dall'addetto alle manutenzioni. Scendere in immersione sul relitto, provvisti di bombole, costituisce una piacevole esperienza e tecnicamente e fisicamente non molto impegnativa. Si è ancora nella curva di sicurezza e ci si potrà attardare ed eseguire foto subacquee o riprese cinematografiche, vivendo l'emozione piena di questo relitto sommerso dell'ultima guerra mondiale.